Animali fantastici e dove trovarli: il “commerciale”
Nel mondo fatato del mercato imprenditoriale italiano, c’è una figura estremamente affascinante e perfettamente endemica: il “commerciale”.
Perfettamente endemica perché non esiste in nessun’altra nazione in cui abbiamo fatto affari (a data odierna, ci manca solo Asia centrale). La cosa che più gli si avvicina è l’anglofono “business developer” (anche quella una figura interessante), anche se trattandosi di una creatura non molto diffusa e con ruoli abbastanza differenti dal “commerciale”. Se non operate in mercato internazionale, e vi sembra strano, fate una prova: googlatene la traduzione nella lingua che preferite, e guardate s’è v’esce qualcosa di lontamente ricordante quel ruolo professionale (spoiler: non accadrà).
Una nobile missione
l compito del commerciale, mediamente, è:
- Identificare potenziali clienti
- Studiare come contattarli
- Contattarli
- Sales pitch
- Negoziazione
- Contrattazione affari
- Negoziazione durante la produzione
- Attività di follow up post affare
Ora: vivendo in Italia, è ormai norma vedere tutto ciò come normale.
…..ma,
…senza previsione di ritorno
ad una semplice analisi razionale, è palese come queste attività siano l’equivalente del lavoro di un intero dipartimento marketing, vendita e account management. Scaricate, però, sulle spalle di una singola persona. E, non a caso: fare “il commerciale” è visto come un’attività estremamente stressante e degradante. Che chiunque farà del suo meglio per evitare – sia come professione da ingaggiare, che visita da ricevere.
La fonte del problema
Il problema nasce da 2 fattori principali:
- Mancanza di voglia di collaborazione
Dividere quelle attività in differenti team, e fare in modo che continuino a perseguire una visione unica, richiede abilità di lavoro di gruppo. Non per forza notevoli, ma comunque necessarie.
Non son ancora sicuro al 100% del perché, ma: tipicamente, le persone non amano pianificare. Si vuole immediatamente passare alla fase operativa, senza dover andare in contro a “noiose operazioni di strategia” – vitali, in caso di lavori di gruppo.
Per cui, voilà: anziché prendersi cura di dividere 8 operazioni in differenti team, si prende una sfortunata cavia e gli si scarica addosso tutto ciò che c’è da fare. E poi, alla carica!
- Fuga dalle responsabilità
Altra interessante dinamica sociologica: fare di tutto per evitare di dover rispondere delle proprie azioni.
Se il povero “commerciale” s’è già accollato tutte le responsabilità, è ovviamente facile sgattaiolare via da qualsiasi ombra di ripercussione delle proprie azioni sul fatturato aziendale – scopo, che ci piaccia o meno, del marketing: il marketing serve a portare un prodotto sul mercato. E non giusto per bellezza: per venderlo.
Se “marketing is not sales”, allora cos’è?
Praticamente parlando: ecco spiegata la dinamica famosa reazione “marketing is not sales” quando si viene chiesto di spiegare, in termini di revenue, l’efficacia di una strategia di marketing. Traslitterata & tradotta in italiano: “Il commerciale s’è già accollato qualsiasi responsabilità esistente in fase di marketing. Per cui, io non devo più rispondere a delle responsabilità.”.
Molti, a questo punto, s’arrendono: “Ok: puoi venire a lavorare da noi, e non ti verrà chiesto di dover rispondere a figure di vendita. Ci basterà vedere un bel CV, e notare che quello che fai abbia un’aria spigliata/divertente/innovativa”.
Unghie sul vetro
Ma, qualcuno, vedrà oltre. E oserà dire: “Se lo scopo del tuo compito non è aiutarmi a vendere, allora, cosa ti sto pagando a fare? A cosa servi?”
La, le cose iniziano a farsi veramente interessanti.
La tipica risposta è una variazione di questo concetto:
- “Marketing serve a migliorare il proprio brand”
Che, comunque, è solo un escamotage: il brand è uno strumento di vendita (è un costrutto sociale atto a migliorare la percezione del valore dei prodotti in vendita – in 2 parole: “L’ha fatto X, quindi è un buon prodotto”, dove X è il brand). Ergo: se funziona bene, le vendite miglioreranno – che sia in quantità, o in qualità. Esattamente come una buona scelta di materiale di costruzione (marketing) aiuterà la qualità dell’oggetto costruito (sales).
Per cui: “Cosa ti sto pagando a fare, per migliorare il brand, se non migliora le vendite?”.
Soluzioni
Attualmente, la vedo abbastanza semplice: dividere la pipeline del marketing in modo razionale.
Stavo iniziando a scrivere come poterlo fare, ma mi son accorto sia un po’ troppo materiale per questo post (che, ora, è già abbastanza lungo): creerò un ulteriore post, con cui fornire una spiegazione dettagliata.
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